venerdì 13 novembre 2015

Come un album


I racconti mi fanno riflettere, soprattutto se sono storie vere. Non smetto di immagazzinare, imprimere dentro, perché capire si può, si deve. E non ci sono parole per esprimere quello che comprendo. Il senso della vita, il suo incidere, come fosse impossibile scansarsi o prevaricare. Si semina, si raccoglie, e la cosa importante è dare un senso agli accadimenti prima o poi, soprattutto quando guardi a ritroso.
Poi ricevo messaggi vocali su WhatSapp e mi commuovo un po'.
In fondo sentirsi dire che non sei utile ma indispensabile è un fatto grosso.
Così come: sapevo che tu avresti capito, che avrei fatto ascoltare il pezzo a chi poteva entrarci. Sei sensibile.
Mi lasciano i segni certe cose. Chiudo gli occhi e leggo tra le parole e tra i gesti, in quelle note che mi hanno fatto per qualche minuto volare.
Non chiedetemi il senso di tutto. Ho pensato e ripensato per l'intera mia vita a dettagli che mi hanno resa ciò che sono. Ma a volte non voglio dire quel che penso. Troppo difficile offrirsi e poi sentirsi dire come quella volta: fai la maestrina. E' stata una ferita che è rimasta sul cuore, in qualche modo.
Chi capisce cosa si nasconde dietro ogni singola parola?
Se solo si comprendesse il dolore e le notti insonni e le verifiche, si capirebbe, forse, che per capire davvero, ci vuole tutto di sé...


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